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sabato 23 ottobre 2010

Buoni motivi per aprire una libreria

Qualche mattina fa ero in giro per lavoro in una via di Milano dove non si passa casualmente, è una di quelle strade dove ti ritrovi per qualche preciso motivo.
Ero in via Tadino dove ha sede la Libreria Popolare di via Tadino, fondata il 10 ottobre 1974, una delle 101 librerie indipendenti di Milano. Come in tutte le librerie indipendenti, l'atmosfera e le persone sono molto accoglienti.
In questo spazio luminoso dove il profumo di libri e la gentilezza sovrastano tutto, l'offerta è vasta, spazia dalle riviste di letteratura e società a un angolo di proposte per bambini, titoli sceltissimi di case editrici indipendenti e non solo, saggi su lavoro, filosofia, poesia (alla quale il Signor Guido Duiella che intervisto, uno dei soci di questa "cooperativa libraria", tiene moltissimo), religione e narrativa.
Alla mia domanda se un libraio indipendente offre alla propria clientela anche i titoli che vendono, quelli che si trovano praticamente ovunque, persino al supermercato, il Signor Guido Duiella afferma che "sì, abbiamo i libri di tutte le case editrici, anche qualche titolo che lei può trovare al supermercato. C'è, però, un MA: ossia che privilegiamo gli autori che riteniamo più interessanti pubblicati nei cataloghi dei grandi editori, così come tutti gli autori pubblicati dalle molte case editrici indipendenti e di qualità che nei supermercati non arriveranno mai e che scompaiono nelle grandi librerie di catena dietro le pile dei best sellers venduti a prezzi stracciati grazie a super sconti. Quello che ci differenzia dalle librerie globali è il servizio e la sua personalizzazione".

Moltissimi dei titoli che, infatti, si trovano sugli scaffali sono editi da case editrici colte e indipendenti anche loro, titoli particolari per, è inutile negarlo, coloro che fanno della lettura uno stile di vita.
Guido riflette sul fatto che "le librerie indipendenti, oggi, hanno difficoltà a vivere, perché operano in un mercato sleale. Insieme ad altri librai, ci siamo fatti promotori di iniziative che intendono far conoscere e valorizzare il ruolo delle librerie indipendenti (e degli editori indipendenti di qualità), ricordando anche che molte di queste vivono e operano in quartieri periferici, offrendo un servizio e un punto di riferimento culturale al quartiere, spesso l'unico; per questo motivo ritengo che sia importate la presenza delle piccole librerie indipendenti diffuse sul territorio. E sono convinto che la loro chiusura rappresenterebbe una perdita per tutti".

Guido è responsabile e amministratore della Cooperativa proprietaria della Libreria Popolare di Via Tadino; fin dalla sua nascita questo luogo è stato di "proprietà" di una Cooperativa di librai e dei loro sostenitori. Mi racconta Guido che "oggi con me lavorano altri librai giovani e meno giovani e sono tutti soci: non c'è una divisione tra proprietario e commessi, ma siamo tutti librai, ognuno con le proprie esperienze. C'è chi è in libreria da più di vent'anni e ci è rimasto (Emanuele), mentre la totalità dei soci precedenti se ne sono andati, non essendo più motivati ad affrontare e superare le difficoltà economiche che la stavano portando alla chiusura. Ci sono io. Ci sono Elena e Daria, giovani libraie che ho coinvolto nel progetto e che in libreria lavorano da non molto tempo, ma che subito sono diventate elementi attivi e importanti per lo sviluppo del progetto. Ci sono poi alcuni amici e sostenitori che, pur non partecipando alla gestione quotidiana della libreria, sostengono il progetto e danno il loro apporto - importantissimo - di conoscenze, e anche economico".

Chi glielo ha fatto fare di diventare libraio?
Quando sono venuto a conoscenza di questa situazione mi sono chiesto cosa si poteva fare per evitare la chiusura di questa libreria che per me aveva rappresentato molto in tempi passati e, dopo averci dormito su una notte, al mattino ho deciso di provarci in prima persona: il primo passo è stato uno studio di fattibilità e la messa a punto di un progetto di rilancio che mi ha impegnato alcuni mesi. Da poco più di un anno sto lavorando a questo rilancio, impegnandomi come principale socio organizzatore e finanziatore, per sviluppare il progetto che ho messo a punto.

Ho chiesto, poi, a Guido se questo del libraio fosse sempre stato il suo mestiere: "No, facevo tutt'altro. Quando, però, ho saputo che volevano chiudere la libreria, ho trovato in me tanti buoni motivi per prendermene cura e per andare avanti". Quali modifiche ha apportato? "Abbiamo arricchito l'offerta di Editori Indipendenti, commercializziamo titoli che la grande distribuzione non prende neppure in considerazione. Lavoriamo molto sul servizio al cliente, cerchiamo di soddisfare anche le richieste più particolari. Con accortezza, gentilezza e disponibilità".

Qualità che, di sicuro, non mancano alla Libreria Popolare di via Tadino.

PS: la Libreria Popolare di via Tadino ha una storia ricchissima e molto interessante che vi racconterò nel post successivo.
PPS: da poco anche la Libreria Popolare di via Tadino è su facebook, dove alla voce Info si può leggere "dal 1974, luogo di incontri, discussioni, confronti, iniziative...".

Libreria Popolare di via Tadino
via Tadino, 18
20124, Milano
02-29513268
libreriatadino@yahoo.it











martedì 19 ottobre 2010

La cultura non si mangia (5)

Qual è il futuro delle librerie? ce lo spiega in questo ultimo capitolo il Signor Bozzi.

Il futuro

Quando Luciano Mauri decise di onorare la memoria di sua figlia Elisabetta dando attuazione all’idea di suo zio Valentino Bompiani per una Scuola per librai, io ho avuto la fortuna e l’onore di esserne, nella mia qualità di Presidente dell’Associazione Librai, uno dei quattro fondatori.
Nel settembre del 1983, alla presentazione ufficiale della Scuola al Circolo della Stampa di Milano, chiedevo a me stesso e ai mille intervenuti quale sarebbe stato l’abito del libraio del futuro: “Il camice bianco del tecnico informatico o il panciotto e il pincenez di Cesarino Branduani?”. Branduani era un mitico libraio milanese, molto simpatico e cordiale oltre che dotato di una memoria prodigiosa e, come si capisce dall’espressione che usavo, l’informatica era considerata allora altissima tecnologia e nei negozi semplicemente non esisteva.
Spero comunque che sia ancora chiaro quello che intendevo dire: il libraio del futuro si affiderà solo all'evoluzione della tecnologia e del marketing oppure manterrà quel complesso di doti umane, come quella di saper scegliere e consigliare, che sembrano necessarie per dare una personalità alla sua libreria e orientare il suo cliente in una così vasta moltitudine di scelte?

Librerie e librai
I venticinque anni che sono passati hanno risolto solo parzialmente il dubbio: oggi anche le librerie di piccolissima dimensione hanno un paio di terminali e il loro bravo programma di gestione.
La memoria non è più un problema: ogni libraio ha nel suo portatile più memoria di quanta gliene potrà mai servire.
Nessuno può negare che sia stato un progresso, ma nella gestione moderna delle librerie sembra esserci poco posto per la passione, l'orgoglio, il furore che i librai vieux jeu dei quali Branduani è il simbolo mettevano nel loro mestiere.
Ci chiediamo se stiamo correndo verso un mondo in cui la specie, eh quella dei librai sì,
scomparirà per il naturale evolversi del commercio.
A sentire quello che dicono, non sono pochi i clienti che sentono il bisogno di quei rapporti personali che certo non si riescono a trovare nel supermercato e spesso neppure nelle megalibrerie moderne.
E molti sono quelli che sembrano quasi increduli quando consegniamo loro il libro che non sono riusciti a trovare altrove.
La componente “etica”, se non addirittura iniziatica, di questo mestiere nei venticinque anni che sono passati da allora sembra ancora richiesta o rimpianta da qualcuno.
E questo è l’elemento che non ci consente di risolvere del tutto il dubbio del 1983.
Anche se resta forte il sospetto che tale componente non sia del tutto compatibile con la gestione moderna delle librerie.
E che l'avanzare della modernità nasconda, dietro il crescere in numero, dimensione ed efficienza delle librerie, un'insidia.
Un male insospettato, antico e letterario: la pulsione edipica che le spinge ad uccidere il loro padre, il libraio.

domenica 17 ottobre 2010

La cultura non si mangia (4)

Oggi si parla dell'evoluzione del mestiere del libraio e di quella del libro.
Chi scrive è ancora il Signor Bozzi.

L'evoluzione del libraio
In questa direzione si sono fatti passi assai lunghi negli ultimi 30 anni. Forse non è più vera la definizione che Umberto Saba, il libraio poeta, dava della libreria negli anni ’20: "Un buco con un genio dentro", una definizione poetica che intende per genio, credo, il genius loci lo spirito protettore dei romani.
Il buco si è allargato, le librerie oggi sono più grandi, più luminose, più ricche.
Ma il genio, lo spirito protettore dovrebbe continuare ad esserci.
In altre parole anche il libraio dovrebbe avere due anime. È naturale che le due anime del libro si riflettano in lui.

L'evoluzione del mercato

Tuttavia il commercio si è incamminato su una strada nella quale le persone così complicate da avere due anime hanno poco spazio.
È un problema che riguarda in modo speciale il commercio dei libri.
Per spiegare il perché, vorrei tornare alle cifre relative al mercato in Italia.
Ricordate i 400.000 titoli in commercio? Bene, per spiegare come funziona il mercato dei libri ricorrerò a una metafora: immaginiamo che esso sia una prateria di superficie pari all'Italia e che la vegetazione di ogni metro quadrato rappresenti le vendite annue di un titolo.
Ebbene la prateria presenterebbe parecchie zone senza vegetazione, una stragrande distesa di erba più o meno bassa e pochi radissimi alberi. Per l'esattezza, un albero ogni 350 chilometri quadrati.
Spero che sia chiara la metafora: le zone senza vegetazione rappresentano i titoli di cui non si vende neppure una copia all'anno; gli alberi, poco più di mille, rappresentano i titoli di cui si vendono almeno diecimila copie in un anno. L'erba è tutto il resto.
Ora vediamo cosa succede nei punti vendita.
Nelle grandi superfici, il 100 % delle vendite riguarda i soli 500 alberi più alti.
Nelle megalibrerie gli alberi costituiscono almeno il 50% delle vendite.
Nelle librerie tradizionali gli alberi costituiscono meno del 10% delle vendite.
Il che significa che il 90% delle loro vendite è costituito da volumi che vendono poche copie all'anno.
Volumi che i tecnici dicono "a basso indice di rotazione" e i profani dicono "che rendono poco".
Ma perché succede questo?
Uno dei motivi è il fatto che i librai tradizionali hanno due anime e una delle due li spinge a fare un punto d'onore della loro capacità di soddisfare le richieste più strane.
L'altro, reciproco, è che le grandi superfici e le megalibrerie hanno un'anima sola, quella commerciale, che li obbliga a privilegiare le grandi rotazioni.
In realtà il fenomeno è più complesso.
Non è che le librerie tradizionali siano state così nobili da scegliere la strada più difficile per amor di cultura e pluralità: il fatto è che vendono quello che possono e che a loro è rimasta la parte acerba della mela.
D'altra parte le grandi superfici e le megalibrerie hanno fatto una scelta del tutto lecita e forse anche più in linea coi tempi, oltre che vincente: quella di destinare molto del loro margine al costo dello spazio e alla pubblicità e quindi di risparmiare sui servizi e privilegiare i margini alti.
Tutto a posto, dunque?
Eh, no.
Perché anche il mercato del libro ha due anime.
Il fatto che anche i libri di buona qualità culturale e di scarsa qualità commerciale (il che capita spesso) non siano facilmente disponibili non è solo un fenomeno economico o commerciale.
E forse non c'è neppure molto bisogno di spiegare il perché.
Così come non c’è bisogno di sottolineare il fatto che la circolazione di tutti i libri e non solo di quelli che “rendono” è un vantaggio per la collettività e per la democrazia.
C'è piuttosto da farsi qualche domanda.
Com'è che l'avvento dei supermercati ha fatto sparire i negozi di alimentari, ma non Peck?
Perché il diffondersi dei fastfood non ha fatto sparire slowfood e ristoranti gastronomici?
Perché la proliferazione dei negozi Benetton, Zara, H&M... non ha fatto sparire i Finollo, i Baldelli e i Battistoni?
La risposta è semplice, ma non ovvia: perché in tutti questi settori commerciali c'è libertà di prezzo.
Dio mi guardi dall'entrare in una discussione spinosa come la questione del prezzo dei libri.
Ma io cerco di porre in chiaro i dati di fatto che governano il mercato librario.
Ed è un dato di fatto che nel mercato librario non c'è libertà di prezzo, ma semmai libertà di sconto.]