Pagine

domenica 17 ottobre 2010

La cultura non si mangia (4)

Oggi si parla dell'evoluzione del mestiere del libraio e di quella del libro.
Chi scrive è ancora il Signor Bozzi.

L'evoluzione del libraio
In questa direzione si sono fatti passi assai lunghi negli ultimi 30 anni. Forse non è più vera la definizione che Umberto Saba, il libraio poeta, dava della libreria negli anni ’20: "Un buco con un genio dentro", una definizione poetica che intende per genio, credo, il genius loci lo spirito protettore dei romani.
Il buco si è allargato, le librerie oggi sono più grandi, più luminose, più ricche.
Ma il genio, lo spirito protettore dovrebbe continuare ad esserci.
In altre parole anche il libraio dovrebbe avere due anime. È naturale che le due anime del libro si riflettano in lui.

L'evoluzione del mercato

Tuttavia il commercio si è incamminato su una strada nella quale le persone così complicate da avere due anime hanno poco spazio.
È un problema che riguarda in modo speciale il commercio dei libri.
Per spiegare il perché, vorrei tornare alle cifre relative al mercato in Italia.
Ricordate i 400.000 titoli in commercio? Bene, per spiegare come funziona il mercato dei libri ricorrerò a una metafora: immaginiamo che esso sia una prateria di superficie pari all'Italia e che la vegetazione di ogni metro quadrato rappresenti le vendite annue di un titolo.
Ebbene la prateria presenterebbe parecchie zone senza vegetazione, una stragrande distesa di erba più o meno bassa e pochi radissimi alberi. Per l'esattezza, un albero ogni 350 chilometri quadrati.
Spero che sia chiara la metafora: le zone senza vegetazione rappresentano i titoli di cui non si vende neppure una copia all'anno; gli alberi, poco più di mille, rappresentano i titoli di cui si vendono almeno diecimila copie in un anno. L'erba è tutto il resto.
Ora vediamo cosa succede nei punti vendita.
Nelle grandi superfici, il 100 % delle vendite riguarda i soli 500 alberi più alti.
Nelle megalibrerie gli alberi costituiscono almeno il 50% delle vendite.
Nelle librerie tradizionali gli alberi costituiscono meno del 10% delle vendite.
Il che significa che il 90% delle loro vendite è costituito da volumi che vendono poche copie all'anno.
Volumi che i tecnici dicono "a basso indice di rotazione" e i profani dicono "che rendono poco".
Ma perché succede questo?
Uno dei motivi è il fatto che i librai tradizionali hanno due anime e una delle due li spinge a fare un punto d'onore della loro capacità di soddisfare le richieste più strane.
L'altro, reciproco, è che le grandi superfici e le megalibrerie hanno un'anima sola, quella commerciale, che li obbliga a privilegiare le grandi rotazioni.
In realtà il fenomeno è più complesso.
Non è che le librerie tradizionali siano state così nobili da scegliere la strada più difficile per amor di cultura e pluralità: il fatto è che vendono quello che possono e che a loro è rimasta la parte acerba della mela.
D'altra parte le grandi superfici e le megalibrerie hanno fatto una scelta del tutto lecita e forse anche più in linea coi tempi, oltre che vincente: quella di destinare molto del loro margine al costo dello spazio e alla pubblicità e quindi di risparmiare sui servizi e privilegiare i margini alti.
Tutto a posto, dunque?
Eh, no.
Perché anche il mercato del libro ha due anime.
Il fatto che anche i libri di buona qualità culturale e di scarsa qualità commerciale (il che capita spesso) non siano facilmente disponibili non è solo un fenomeno economico o commerciale.
E forse non c'è neppure molto bisogno di spiegare il perché.
Così come non c’è bisogno di sottolineare il fatto che la circolazione di tutti i libri e non solo di quelli che “rendono” è un vantaggio per la collettività e per la democrazia.
C'è piuttosto da farsi qualche domanda.
Com'è che l'avvento dei supermercati ha fatto sparire i negozi di alimentari, ma non Peck?
Perché il diffondersi dei fastfood non ha fatto sparire slowfood e ristoranti gastronomici?
Perché la proliferazione dei negozi Benetton, Zara, H&M... non ha fatto sparire i Finollo, i Baldelli e i Battistoni?
La risposta è semplice, ma non ovvia: perché in tutti questi settori commerciali c'è libertà di prezzo.
Dio mi guardi dall'entrare in una discussione spinosa come la questione del prezzo dei libri.
Ma io cerco di porre in chiaro i dati di fatto che governano il mercato librario.
Ed è un dato di fatto che nel mercato librario non c'è libertà di prezzo, ma semmai libertà di sconto.]

 

Nessun commento:

Posta un commento