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sabato 16 ottobre 2010

La cultura non si mangia (3)

Terza parte della testimonianza del Signor Bozzi, proprietario della libreria più antica d'Italia, la Libreria Bozzi di Genova. In questa parte, il Signor Bozzi parla di "morte del libro", ossia della tanto dibattuta scomparsa della carta a favore di avanzate tecnologie, in primis l'e-book.

La morte del libro
Il problema che mi pongo ora è: questa prima anima del libro è immortale, come lo sono di solito le anime, oppure il libro è destinato ad estinguersi?
La prima volta che ho sentito parlare della morte del libro avevo una trentina d'anni, quando intervenni ad un convegno sull’argomento a Como. Il killer in quella occasione avrebbe dovuto essere la televisione, ma prima di allora era stato incolpato il cinema, prima ancora i fumetti, la radio e persino, chissà perché, i libri tascabili.
Da allora ho partecipato a una miriade di convegni sull’argomento (l’ultimo colpevole è Internet), ma il libro è più vivo che mai. Nel frattempo io sono molto invecchiato e ormai la morte del libro mi preoccupa molto meno di quella mia personale.
Il libro è una quercia, che ha resistito e resisterà al vento dei new media. Io non credo che l’uomo rinuncerà mai ad esercitare una capacità così importante ed esclusivamente sua come la lettura e, se continuerà ad esercitarla, credo che continuerà ad usarne lo strumen-to più semplice e maneggevole. Il libro.


Cultura e profitto

Il libro ha dunque due anime, una profana e l’altra, sia detto senza retorica, più sacra: è contemporaneamente una merce e uno strumento culturale.
Ma sarebbe un errore privilegiare una sola delle due.
A considerarlo solo come un prodotto da supermercato si finirebbe per pubblicare solo stupidaggini, in un processo per qualche aspetto analogo a quanto è successo in altri mezzi di comunicazione.
E invece uno dei motivi per cui il libro è così vivo e vitale è il fatto che molti libri hanno cambiato il mondo. E anche tra i 42.000 titoli che escono ogni anno in Italia ce n'è un certo numero che influenzano il nostro modo di pensare ed agire.
Tuttavia, se lo considerassimo solo uno strumento culturale finirebbe per perdere la sua vitalità ed essere confinato in un’oasi di protezione, come il teatro dell’opera o i grifoni della Barbagia.
No, bisogna rimanere in equilibrio tra cultura e profitto, ricordare sempre che il libro non è un oggetto composto dalla carta con cui è confezionato, ma dalle parole che contiene.
E, tuttavia, applicare senza vergogna anche ad esso alcune delle tecniche di vendita delle scatolette di tonno.


PS: ho scoperto un'altra incantevole libreria a Milano. Sto preparando foto e testo. Presto sarà online...

martedì 12 ottobre 2010

La cultura non si mangia (2)

Pubblico la seconda parte di questo interessantissimo documento del Signor Bozzi, proprietario della libreria più antica d'Italia: la Libreria Bozzi di Genova.

Il valore della parola

Ma siccome serve a trasmettere parole, idee, fatti, direi che, nell’evoluzione della civiltà umana, ha avuto un ruolo più importante di quello delle forbici e dei cucchiai.
Non è il caso qui di entrare nel dettaglio, ma, a proposito di questo ruolo, vorrei almeno accennare a un aspetto, che peraltro si rifà anche alle recenti dispute sui rapporti tra pensiero e linguaggio.
La facoltà di parola è la facoltà più nobile ed esclusiva dell’uomo perché è, sostanzialmente, il mezzo più efficace per manifestare e comunicare il pensiero.
Per i credenti la parola, il logos, è il mediatore tra la volontà di Dio e gli uomini.
E il libro, abbiamo visto, è uno strumento perfetto per trasmettere la parola.
Non a caso la Bibbia si chiama così e tutte le religioni monoteistiche hanno alla base un libro, sia esso il Corano, la Thorà o il Talmud.

Il meccanismo della lettura
Ma mi rendo conto che sto addentrandomi negli empirei della spiritualità e quindi cadere nel peccato retorico che volevo evitare: così vorrei fare una riflessione, come dire?, "puramente fisiologica" sui meccanismi che il nostro cervello mette in moto quando legge.
Qualunque ragazzo di prima media, leggendo “quel ramo del lago di Como” evoca senza sforzo una distesa d’acqua, piuttosto calma, circondata da montagne e via dicendo.
Eppure quando legge la parola “lago”, i suoi occhi vedono solo quattro segni neri su una pagina bianca: simboli che formano le lettere l, a, g, o.
Questi simboli, uniti tra loro, ne formano un altro: la parola “lago”. Che, giova ripeterlo, è ancora un simbolo, come tutte le parole.
La lettura è quindi un'attività con la quale si evoca il mondo reale e anche quello immaginario attraverso una complessa operazione di doppia decodifica di simboli astratti.
Un'operazione di cui l’uomo è capace fin da tenera età e che compie rapidissimamente.
È una capacità stupefacente, di cui solo lui è capace e che ha avuto e ha una fortissima capacità di strutturarne il pensiero: la parola, che è un mezzo per manifestare il pensiero, è anche un mezzo per dargli una struttura.
Provate a pensare senza le parole e il vostro pensiero si confonderà e sfumerà in una nebulosa senza confini.
La capacità di leggere e scrivere è stata così importante nel cammino umano che il suo raggiungimento segna convenzionalmente il confine tra la preistoria e la storia.
Così come l’invenzione di Gutenberg, lo strumento perfetto per diffonderla, segna l’inizio della modernità.